MAKTUB
Il ragazzo andò nella sua stanza e radunò quanto possedeva. Erano tre sacche piene. Quando era ormai sul punto di uscire, noto che in un angolo della stanza era rimasta la sua vecchia bisaccia da pastore. Era tutta sgualcita e stava quasi per dimenticarla. Dentro, c’erano ancora lo stesso libro e la giacca. Quando tirò fuori la giacca, pensando di regalarla ad un ragazzo per la strada, rotolarono per terra le due pietre: Urim e Tumim.
Allora il ragazzo si rammentò del vecchio re, e fu sorpreso nel rendersi conto da quanto tempo non pensava più a lui. Per un anno aveva lavorato senza tregua, pensando solamente a guadagnare il denaro per non dover tornare in Spagna a testa bassa.
“Non desistere mai dai tuoi sogni” gli aveva detto il vecchio re. “Segui i segnali”.
Il ragazzo raccolse da terra Urim e Tumim, e di nuovo provò quella strana sensazione di avere accanto il re. Aveva lavorato sodo per un anno, e i segnali indicavano che adesso era il momento di partire.
“Tornerò a essere esattamente quello che ero prima” pensò il ragazzo “E le pecore non mi hanno insegnato a parlare l’arabo”.
Le pecore, tuttavia, gli avevano insegnato una cosa ben più importante: che nel mondo esisteva un linguaggio che tutti capivano, e che il ragazzo aveva utilizzato durante tutto quel periodo per far progredire il negozio. Era il linguaggio dell’entusiasmo, delle cose fatte con amore e con volontà, in cerca di qualcosa che si desiderava o nella quale si credeva. Tangeri non era più una città estranea, ed egli ebbe la sensazione che, proprio come aveva conquistato quel luogo, avrebbe potuto conquistare il mondo.
“Quando desideri una cosa, tutto l’Universo trama affinché tu possa realizzarla” gli aveva detto il vecchio re. Ma i vecchio re non aveva parlato di rapine, di immensi deserti, di persone che conoscono i propri sogni ma non desiderano realizzarli. Il vecchio re non aveva detto che le piramidi erano soltanto mucchi di pietre, e che chiunque avrebbe potuto costruirsi un mucchio di pietre nel proprio giardino. E si era dimenticato di dirgli che una volta ottenuto il denaro per comperare un gregge più grande di quello che si possedeva prima, bisognava acquistarlo.
Il ragazzo prese la bisaccia e la mise insieme agli altri sacchi. Scese le scale: il vecchio stava servendo una coppia di stranieri, mentre altri due clienti giravano per il negozio bevendo tè in coppe di cristallo. Era un buon movimento per quell’ora del mattino. Al punto in cui stava, noto per la prima volta come i capelli del mercante ricordassero molto quelli del vecchio re. Si rammentò del sorriso di quel venditore di dolci, il primo giorno a Tangeri, quando lui non sapeva dove andare e cosa mangiare. Anche quel sorriso ricordava il vecchio re.
“Come se fosse passato da queste parti avesse lasciato un’impronta” pensò. “E ciascuno avesse già conosciuto questo re in qualche momento della propria vita. In fin dei conti, ha detto che compariva sempre a chi vive la propria Leggenda Personale”. Se ne andò via senza congedarsi dal mercante di cristalli. Non voleva piangere per paura che qualcuno potesse vederlo. Ma avrebbe avuto nostalgia di quel periodo, e di tutte le cose belle che aveva appreso. Adesso aveva più fiducia in se stesso e aveva voglia di conquistare il mondo.
“Ma sto avviandomi verso dei campi che già conosco, per badare di nuovo alle pecore”. E di questa sua decisione non era più contento. Aveva lavorato un anno intero per realizzare un sogno, e questo sogno, un istante dopo l’altro andava perdendo d’importanza. Forse perché non era il suo sogno.
“Magari è meglio essere come il mercante di cristalli: non andare mai alla Mecca e vivere del desiderio di conoscerla”. Ma teneva in mano Urim e Tumim, e le pietre gli davano la forza e la volontà del vecchio re. Per una coincidenza (o per segnale, pensò il ragazzo) arrivò al bar dov’era entrato il primo giorno. Quel ladro non c’era più, e il padrone gli servi una tazza di tè.
“Potrò sempre tornare a fare il pastore” pensò. “Ho imparato a governare le pecore, e non mi dimenticherò mai come sono. Ma forse non mi si presenterà più un’altra occasione per arrivare fino alle piramidi d’Egitto. Il vecchio re aveva un pettorale d’oro e conosceva la mia storia. Era un re per davvero, un re saggio”.
Si trovava ad appena due ore di nave dalle pianure dell’Andalusia, ma c’era un deserto intero fra lui e le piramidi. Il ragazzo si rese conto che la stessa situazione si poteva considerare in un altro modo: in realtà era due ore più vicino al suo tesoro. Anche se, per percorrere quelle due ore, aveva impiegato quasi un anno intero.
“Adesso so perché voglio tornare dalle mie pecore: le pecore le conosco già, non danno molto lavoro e possono essere amate. Il deserto, invece, non so se può essere amato, ma è il deserto che nasconde il mio tesoro. Se non riuscirò a scoprirlo, potrò sempre tornare a casa. Ma d’improvviso la vita mi ha dato il denaro sufficiente, e ho tutto il tempo che mi serve: perché no???”
Provò una gioia immensa in quel momento.
In questi giorni mi sono trovato a prendere una decisione.. nel momento di massima incertezza ho preso “l’Alchimista” e l’ho aperto in una pagina a caso.. il brano che avete appena letto.
Anche io sono contento.. anche io ho deciso.. vado in India!!!
MATTEO…
Testa alta e sole in faccia!!!
Ps1- Maggiori dettagli nei prossimi post..